martedì 3 marzo 2009

LO STATO, IL CITADINO E LA BELLEZZA

consapevolezza e responsabilità
il valore aggiunto a lavoro, dovere e cultura

Antonio Nava

In tempi di crisi economica tangibili come questi, anche la mancanza del lavoro infierisce sull’animo umano e l’angoscia che attanaglia la mente blocca ogni possibile capacità di reazione e invenzione, mentre è proprio di questo che, in questi frangenti abbiamo bisogno. Pensiamo un attimo, per assurdo, alle banche che non prestano i nostri soldi. Ma se noi tutti li ritirassimo dalle banche e ce li tenessimo a casa per un mese, che cosa sarebbe delle Banche stesse? Questo è o non è, un abuso del potere economico? E che cosa fa lo stato, il governo, per tutelare il Cittadino? Non c’è via possibile per “coercizzare” gli istituti di credito ad un più coerente dovere civico e sociale?

Due elementi diventano sempre più determinanti: la consapevolezza della responsabilità personale e l’attiva presenza dello stato; se vengono meno queste consapevoli presenze, e la piena coscienza di essere donne e uomini, cioè, elementi vivi e virtuosi del creato, destinati da Dio Creatore a soggiogare e governare la terra, la sua natura e tutti gli elementi e gli esseri viventi che in essa abitano, noi abdichiamo ai nostri primari doveri. Sono doveri umani e civili. E ricordare la natura, le sue forze e le sue preziose unicità, è la dichiarazione esplicita che nulla può essere lasciato alla casualità. Tutto deve obbedire alle leggi naturali del creato e secondo queste leggi noi dobbiamo dare compimento e perfezione, al fine di averne il maggiore vantaggio nel rispetto assoluto dei compiti assegnati dal Creatore e senza rinnegare la natura che rappresenta “l’intelligenza assoluta di Dio”.
Nella situazione che oggi viviamo, volendo essere conseguenza al disegno del Creatore, è nostro primario compito operare democraticamente per definire le regole politiche e giuridiche capaci di rimettere ordine, priorità e funzionalità alle strutture dello stato. Una norma capace di identificare con lucidità le funzioni e le responsabilità della persona “funzione” dello stato, affinchè ritorni ad essere efficiente e funzionale ai bisogni dei Cittadini. Secondo una logica di servizio a favore del cittadino e non contro di lui. (“Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!”…cioè la legge..! - VANGELO (Mc 2,23-28).

Emerge, secondo me con chiarezza, il bisogno di scegliere non uno schema, che sarebbe riduttivo, ma persone che hanno le qualità per rendere concreto un percorso politico condiviso, con l’obiettivo chiaro di rendere accessibile la via del potere politico, non solo ai “facoltosi” o agli amici degli amici, (alla casta) ma a tutti “i liberi e forti”, scelti direttamente dal popolo, così come detta la costituzione. Confortati da manifestate competenze e capacità amministrative, oltre che di saggezza e coesione sociale. Una premessa indispensabile per poter mettere mano alle strutture dello stato e renderle un vero servizio a supporto dei cittadini. Una via capace di promuovere e delineare regole, parametri, ambiti, precise responsabilità, a tutela della democrazia e della integrità del dovere e del diritto del Cittadino.
Un percorso di riconversione per gli operatori del servizio pubblico che non è licenziare; ma con una attività difficile, lunga se volete (12 mesi) ma straordinariamente necessaria, rieducare e riportare ciascun funzionario pubblico ad una motivazione professionale in grado di assumersi una chiara responsabilità. Che sia perseguibile e misurabile.

Solo se il cittadino ritorna ad essere percettore che è Lui la parte attiva dello stato, consapevole dei suoi doveri e dei suoi diritti, solo allora potremo tornare a crescere come paese. Solo allora saremo un Popolo; una Comunità di Persone motivate al fare. Non per non si sa chi,…. ma per noi stessi, cittadini consapevoli e responsabili del nostro domani.

Sarà questa la dinamica che metterà in evidenza “i fannulloni”. Una auto emarginazione e non un “j’accuse” incapace di essere naturalmente selettivo tra chi lavora e chi ozia. Alla politica quindi il compito di dare linee guida ordinate, chiare, univoche ed inequivocabili; percorribili e sostenibili.
Ritorna quindi ancora, in modo forte, il tema della competenza e della disponibilità al bene comune. La necessità di mettersi in gioco, di giocarsi la faccia, la reputazione. Sottoporsi al giudizio del popolo attraverso il passaggio elettivo.
Pensieri da prima repubblica?
Persone come De Gasperi, La Pira, Giolitti, Einaudi, La Malfa, Amendola (e scusate se dimentico altri) non si inventano, ma crescono dentro la società, e la famiglia, solo se la società è in grado di dare loro delle “accoglienti culle” dove crescere, dove maturare, nella loro coscienza, che l’impegno per il proprio Paese è il più alto atto di Carità Cristiana che il Cittadino possa dare allo stato.

Questo, io penso, ci attende. L’essere capaci di elaborazioni del pensiero in forma autonoma e personale, volta a modificare in meglio il mondo che ci circonda. Non è la crisi a indebolire l’uomo, ma l’accettarla supinamente senza la speranza di potersi ad essa ribellare nella consapevolezza che l’uomo, con il suo lavoro, è più forte di qual si voglia legge finanziaria. Per questo lo stato e chi lavora per lo stato deve essere esempio. E le clausole etiche devono avere un valore forte.

Non può più esserci spazio per il tranquillo navigare del burocrate. Sia nel pubblico che nel privato. Costui per il quale le crisi o le difficoltà, non hanno ne dimensioni ne spessore, tanto lo stipendio è garantito. Costui deve percepire, così come tutti, le difficoltà di chi opera nel mercato e nelle imprese. Attraverso parametri oggettivi di soddisfacimento dei servizi richiesti e forniti. Deve rispondere del suo dovere. La percezione comune di oggi è che solo una minoranza, il 5%, corre e si affanna con consapevolezza del suo agire; il 95% si tira a fatica e spesso non è contento di ciò che fa ne di ciò che è. Non possiamo progredire se chi lavora non ha cogenza di ciò che è ed è insoddisfatto. Compito di ogni persona, delle istituzioni, delle imprese, è di dare a ciascuno la possibilità di migliorare. Ogni Persona ha un compito primario nel suo essere parte della società: il dovere di essere cittadino consapevole e responsabile al fine di poterci garantire, ad ognuno di noi, i giusti diritti.

Tutto ciò ha necessità di avere un solido presupposto culturale. Non può innescarsi un cambiamento così forte senza la forza trascinante di una nuova scossa culturale.
Dobbiamo operare alla costruzione di un nuovo rinascimento. Molti si chiederanno: Che cos’è? E’ la filosofia, è il pensiero che delinea una società nuova, fondata su regole ed equilibri diversi dagli attuali, dove la Persona ha una dignità non negoziabile, e la bellezza è la via maestra.
Ma tutto questo è possibile..? Si..! tutto ciò è possibile…! Anzi,… per alcuni il solco è già tracciato, ed il cammino è già iniziato. E benché siano ancora in pochi a conoscerlo, il nuovo rinascimento è già avanzato e le sue radici sono dentro le donne e gli uomini che hanno sete di giustizia, fame di bontà, desiderio di onestà, coraggio dell’impegno, amore per il prossimo. Ci sono persone che consapevoli della necessità di cambiare, di rinnovare la società, la cultura, la scuola, la fabbrica, i rapporti tra le persone, la politica, si incontrano, si frequentano, si provocano per far crescere tra loro questo pensiero. Tra di loro iniziano a tessere un effervescente canovaccio che li porta a sprigionare energie nuove e visioni che, sembrano azzardate, ma straripano di contenuto e di buon senso. E’ una visione laica (cattolica) e civile della società, che assimilando molte delle prospettive pregnanti la dottrina sociale della chiesa cattolica, ne elaborano un contenuto sociale nuovo e illuminato dalla ragione. C’è grande desiderio di semplicità, di giustizia, di equità, di opportunità, di credere in se stessi, di fiducia nel prossimo, di lealtà, di nuove sfide, di nuova cultura e di riscoprire le radici della filosofia e dalla ricerca dell’uomo vero. C’è desiderio di vedere concretizzarsi il sogno che vede il ministero della Cultura valere più di qualsiasi altro ministero economico. Tornano alla mente, con nostalgia, le tesi di Erich Fromm dell’essere e dell’avere. Tu vali se sei…! Non se hai..! I sogni di Martin Luter King. Si riscoprono le semplicità evangeliche. E primeggiano la responsabilità del dovere sull’abuso del diritto. (nella culla del dovere cresce la virtù, nella culla del diritto cresce il vizio)
Tutto è pensato e realizzato per l’uomo, qualunque esso sia, e qualunque sia il suo pensiero, purché rispettoso del prossimo, democraticamente e umanamente accolto e indirizzato al bene comune. Una prospettiva sociale dove la bellezza del creato e dell’uomo interiore, può davvero salvare il mondo. (Cardinale Carlo Maria Martini)Il nuovo rinascimento conduce alla riscoperta della pittura, della musica, della scultura, della filosofia, perché l’uomo ha bisogno di una differente armonia che lo riporti in sintonia con il creato e ne sostenga la sua conquista; nella pace e nella solidarietà con tutti i suoi simili. Si affermerà con forza uno zoccolo duro di una cultura sociale capace di produrre per il bene dell’umanità e non per il suo sfruttamento. Potrà essere vero? Si…! E lo sarà di certo… perché…..: “Fatti non foste a viver come bruti ma per seguire virtude e canoscenza”.

3 commenti:

  1. INTENTI
    Antonio Nava e Romeo Lucioni

    Rinascimento-idea è, anche per la sua valenza etimologica, un aspetto di rinascita del pensiero che non può essere disgiunto da quello di una cultura politica. Questa non ha intendimenti di ordine partitico, cioè legati a questa o quella corrente politica, ma, al contrario, tende a rivalutare quelle dinamiche di pensiero che supportano il desiderio di una azione di ricerca, di filosofica speculazione, di aggiornamento sociale, di educazione che portino a fondamentale una consapevolezza ed una responsabilità in favore dei cittadini del mondo.
    La “rinascita” ha in sé questo principio universale che riguarda l’uomo, la persona, proprio perché, mai come in questo momento, si ha la certezza che solo una visione globale ed olistica può servire a tracciare le linee-guida non solo di un discorso, ma soprattutto di una azione propositiva, di un agire tenendo in conto gli obiettivi, i metodi, le strategie e, soprattutto, i principi basilari di una politica democratica che riguarda: libertà per tutti, pari opportunità, solidarietà e sussidiarietà, giustizia e dignità.
    Questi principi non possono essere disgiunti da un impegno forte per la tutela della famiglia, lo sviluppo individuale, il rispetto della vita, della natura e della proprietà, la crescita culturale, sociale e di partecipazione politica.
    Tutto questo resterebbe una semplice enumerazione di principi che non possono e non devono rimanere buoni propositi, sarebbe negare il nostro antropologico, ma ineluttabilmente devono entrare a strutturare delle proposte concrete, dei programmi, delle forze politiche e sociali capaci di generare cambiamenti.

    Rinascimento-idea diventa dunque una proposta concreta per ricercare e perseguire strategie e metodi, fondati sul conoscere, per superare quella che è ormai una verità per tutti: la crisi della società post-industriale, il fallimento del capitalismo occidentale “post muro di Berlino” e di una cultura che è rimasta troppo eterea, perdendo il senso della verità dell’uomo e della assoluta necessità di un paradigma, di una evoluzione e di uno sviluppo necessari per affrontare gli effetti della crescita esponenziale della scienza e della tecnica.
    Diventa la portante di un agire sociale che si eleva e tende a soddisfare i bisogni e non il marketing; non gli utili ma il bene comune.
    L’idea della necessità di un “Nuovo Rinascimento” sta prendendo piede a tutte le latitudini perché è verità condivisa e lo dimostra il discorso di assunzione del Presidente Barack Obama che ha dichiarato: “… tutti siamo uguali, tutti siamo liberi, tutti abbiamo diritto ad una opportunità per trovare il cammino che ci porti alla felicità”.
    In queste parole leggiamo un proposito epocale perché “la storia a venire diventi la storia di tutti, di tutti i cittadini liberi del mondo e che tutti ricevano rispetto, dignità, pari opportunità e, soprattutto, forza e risorse per sostenere le loro famiglie ed i loro figli, per creare le basi di un futuro degno e decoroso.

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  2. Da Agazia.

    Ciao Romeo, ho letto la dichiarazioni d'intenti. Un complimento agli autori per il linguaggio semplice e lo stile elegante. Sono pienamente d'accordo sul contenuto, soprattutto laddove si parla di crisi della società post-industriale e di una cultura troppo eterea (aggiungerei io: in un mondo sempre più eterogeneo, più esigente, che deve necessariamente diventare più duttile se vuole continuare a crescere o, semplicemente, ad esistere).
    A proposito delle forze politiche e sociali capaci di generare cambiamenti, credo che ognuno di noi desideri cambiare con l'obiettivo sempitèrno della felicità. Qualcuno una volta mi disse: la felicità è degli stolti.
    Ma cosa saremmo noi se non cercassimo questo "desiderio degli stolti"?
    Ho trovato una agendina vecchia di dieci anni, ove trascrissi fedelmente questa frase:
    "Mutiamo tutti da un giorno all'altro, per lente e inconsapevoli evoluzioni, vinti da quella legge ineluttabile del tempo che oggi finisce di cancellare ciò che ieri aveva scritto nelle misteriose tavole del cuore umano" (Grazia Deledda).

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  3. Grazie Antonio per il tuo contributo che spero vorrai approfondire. Aspetto il tuo lavoro sul tema della "burocratizzazione" ma dovremmo anche lavorare su come affrontare il fenomeno che é veramente "disorganizzante" soprattutto in questo momento di crisi economico-sociale. Per altro é l'organizzazione instaurata che ha prodotto il disordine totale che oggi dobbiamo sopportare.
    Basta considerare cosa sta succedendo nelle piccole imprese industriali e commerciali. Negli anni cosiddetti “buoni” lo “stato dirigista” ha pensato bene di avviare un sistema di auto-controllo basato sui cosiddetti “parametri”. Questa iniziativa voleva finirla con le piccole e piccolissime imprese che permettevano solamente di vivere ai “piccoli proprietari” che quindi non si preoccupavano di raggiungere un certo livello di guadagno (con guadagno zero o di piccola entità non raggiungevano il minimo imponibile). Ora, nel “…periodo del colera” la malattia sociale impedisce a questi piccoli impresari di rispettare i parametri e quindi si trovano a … dover chiudere tutto, non avendo la possibilità di guadagnare un minimo che permetta loro di vivere.
    Naturalmente i burocrati di turno non accettano scuse, si trincerano dietro la “voce della legge” e, anche si a denti stretti, fanno riferimento ai guadagni del passato (magari il piccolo gruzzolo tartassato dalla caduta delle borse) per costringere a “… pagare inesorabilmente il dovuto”.
    L’invito di “rinascimento-idea” è rivolto a tutti per provare ad approfondire un tema che credo interessi un gran numero di italiani.
    Un caloroso abbraccio da Romeo

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