martedì 3 marzo 2009

LO STATO, IL CITADINO E LA BELLEZZA

consapevolezza e responsabilità
il valore aggiunto a lavoro, dovere e cultura

Antonio Nava

In tempi di crisi economica tangibili come questi, anche la mancanza del lavoro infierisce sull’animo umano e l’angoscia che attanaglia la mente blocca ogni possibile capacità di reazione e invenzione, mentre è proprio di questo che, in questi frangenti abbiamo bisogno. Pensiamo un attimo, per assurdo, alle banche che non prestano i nostri soldi. Ma se noi tutti li ritirassimo dalle banche e ce li tenessimo a casa per un mese, che cosa sarebbe delle Banche stesse? Questo è o non è, un abuso del potere economico? E che cosa fa lo stato, il governo, per tutelare il Cittadino? Non c’è via possibile per “coercizzare” gli istituti di credito ad un più coerente dovere civico e sociale?

Due elementi diventano sempre più determinanti: la consapevolezza della responsabilità personale e l’attiva presenza dello stato; se vengono meno queste consapevoli presenze, e la piena coscienza di essere donne e uomini, cioè, elementi vivi e virtuosi del creato, destinati da Dio Creatore a soggiogare e governare la terra, la sua natura e tutti gli elementi e gli esseri viventi che in essa abitano, noi abdichiamo ai nostri primari doveri. Sono doveri umani e civili. E ricordare la natura, le sue forze e le sue preziose unicità, è la dichiarazione esplicita che nulla può essere lasciato alla casualità. Tutto deve obbedire alle leggi naturali del creato e secondo queste leggi noi dobbiamo dare compimento e perfezione, al fine di averne il maggiore vantaggio nel rispetto assoluto dei compiti assegnati dal Creatore e senza rinnegare la natura che rappresenta “l’intelligenza assoluta di Dio”.
Nella situazione che oggi viviamo, volendo essere conseguenza al disegno del Creatore, è nostro primario compito operare democraticamente per definire le regole politiche e giuridiche capaci di rimettere ordine, priorità e funzionalità alle strutture dello stato. Una norma capace di identificare con lucidità le funzioni e le responsabilità della persona “funzione” dello stato, affinchè ritorni ad essere efficiente e funzionale ai bisogni dei Cittadini. Secondo una logica di servizio a favore del cittadino e non contro di lui. (“Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!”…cioè la legge..! - VANGELO (Mc 2,23-28).

Emerge, secondo me con chiarezza, il bisogno di scegliere non uno schema, che sarebbe riduttivo, ma persone che hanno le qualità per rendere concreto un percorso politico condiviso, con l’obiettivo chiaro di rendere accessibile la via del potere politico, non solo ai “facoltosi” o agli amici degli amici, (alla casta) ma a tutti “i liberi e forti”, scelti direttamente dal popolo, così come detta la costituzione. Confortati da manifestate competenze e capacità amministrative, oltre che di saggezza e coesione sociale. Una premessa indispensabile per poter mettere mano alle strutture dello stato e renderle un vero servizio a supporto dei cittadini. Una via capace di promuovere e delineare regole, parametri, ambiti, precise responsabilità, a tutela della democrazia e della integrità del dovere e del diritto del Cittadino.
Un percorso di riconversione per gli operatori del servizio pubblico che non è licenziare; ma con una attività difficile, lunga se volete (12 mesi) ma straordinariamente necessaria, rieducare e riportare ciascun funzionario pubblico ad una motivazione professionale in grado di assumersi una chiara responsabilità. Che sia perseguibile e misurabile.

Solo se il cittadino ritorna ad essere percettore che è Lui la parte attiva dello stato, consapevole dei suoi doveri e dei suoi diritti, solo allora potremo tornare a crescere come paese. Solo allora saremo un Popolo; una Comunità di Persone motivate al fare. Non per non si sa chi,…. ma per noi stessi, cittadini consapevoli e responsabili del nostro domani.

Sarà questa la dinamica che metterà in evidenza “i fannulloni”. Una auto emarginazione e non un “j’accuse” incapace di essere naturalmente selettivo tra chi lavora e chi ozia. Alla politica quindi il compito di dare linee guida ordinate, chiare, univoche ed inequivocabili; percorribili e sostenibili.
Ritorna quindi ancora, in modo forte, il tema della competenza e della disponibilità al bene comune. La necessità di mettersi in gioco, di giocarsi la faccia, la reputazione. Sottoporsi al giudizio del popolo attraverso il passaggio elettivo.
Pensieri da prima repubblica?
Persone come De Gasperi, La Pira, Giolitti, Einaudi, La Malfa, Amendola (e scusate se dimentico altri) non si inventano, ma crescono dentro la società, e la famiglia, solo se la società è in grado di dare loro delle “accoglienti culle” dove crescere, dove maturare, nella loro coscienza, che l’impegno per il proprio Paese è il più alto atto di Carità Cristiana che il Cittadino possa dare allo stato.

Questo, io penso, ci attende. L’essere capaci di elaborazioni del pensiero in forma autonoma e personale, volta a modificare in meglio il mondo che ci circonda. Non è la crisi a indebolire l’uomo, ma l’accettarla supinamente senza la speranza di potersi ad essa ribellare nella consapevolezza che l’uomo, con il suo lavoro, è più forte di qual si voglia legge finanziaria. Per questo lo stato e chi lavora per lo stato deve essere esempio. E le clausole etiche devono avere un valore forte.

Non può più esserci spazio per il tranquillo navigare del burocrate. Sia nel pubblico che nel privato. Costui per il quale le crisi o le difficoltà, non hanno ne dimensioni ne spessore, tanto lo stipendio è garantito. Costui deve percepire, così come tutti, le difficoltà di chi opera nel mercato e nelle imprese. Attraverso parametri oggettivi di soddisfacimento dei servizi richiesti e forniti. Deve rispondere del suo dovere. La percezione comune di oggi è che solo una minoranza, il 5%, corre e si affanna con consapevolezza del suo agire; il 95% si tira a fatica e spesso non è contento di ciò che fa ne di ciò che è. Non possiamo progredire se chi lavora non ha cogenza di ciò che è ed è insoddisfatto. Compito di ogni persona, delle istituzioni, delle imprese, è di dare a ciascuno la possibilità di migliorare. Ogni Persona ha un compito primario nel suo essere parte della società: il dovere di essere cittadino consapevole e responsabile al fine di poterci garantire, ad ognuno di noi, i giusti diritti.

Tutto ciò ha necessità di avere un solido presupposto culturale. Non può innescarsi un cambiamento così forte senza la forza trascinante di una nuova scossa culturale.
Dobbiamo operare alla costruzione di un nuovo rinascimento. Molti si chiederanno: Che cos’è? E’ la filosofia, è il pensiero che delinea una società nuova, fondata su regole ed equilibri diversi dagli attuali, dove la Persona ha una dignità non negoziabile, e la bellezza è la via maestra.
Ma tutto questo è possibile..? Si..! tutto ciò è possibile…! Anzi,… per alcuni il solco è già tracciato, ed il cammino è già iniziato. E benché siano ancora in pochi a conoscerlo, il nuovo rinascimento è già avanzato e le sue radici sono dentro le donne e gli uomini che hanno sete di giustizia, fame di bontà, desiderio di onestà, coraggio dell’impegno, amore per il prossimo. Ci sono persone che consapevoli della necessità di cambiare, di rinnovare la società, la cultura, la scuola, la fabbrica, i rapporti tra le persone, la politica, si incontrano, si frequentano, si provocano per far crescere tra loro questo pensiero. Tra di loro iniziano a tessere un effervescente canovaccio che li porta a sprigionare energie nuove e visioni che, sembrano azzardate, ma straripano di contenuto e di buon senso. E’ una visione laica (cattolica) e civile della società, che assimilando molte delle prospettive pregnanti la dottrina sociale della chiesa cattolica, ne elaborano un contenuto sociale nuovo e illuminato dalla ragione. C’è grande desiderio di semplicità, di giustizia, di equità, di opportunità, di credere in se stessi, di fiducia nel prossimo, di lealtà, di nuove sfide, di nuova cultura e di riscoprire le radici della filosofia e dalla ricerca dell’uomo vero. C’è desiderio di vedere concretizzarsi il sogno che vede il ministero della Cultura valere più di qualsiasi altro ministero economico. Tornano alla mente, con nostalgia, le tesi di Erich Fromm dell’essere e dell’avere. Tu vali se sei…! Non se hai..! I sogni di Martin Luter King. Si riscoprono le semplicità evangeliche. E primeggiano la responsabilità del dovere sull’abuso del diritto. (nella culla del dovere cresce la virtù, nella culla del diritto cresce il vizio)
Tutto è pensato e realizzato per l’uomo, qualunque esso sia, e qualunque sia il suo pensiero, purché rispettoso del prossimo, democraticamente e umanamente accolto e indirizzato al bene comune. Una prospettiva sociale dove la bellezza del creato e dell’uomo interiore, può davvero salvare il mondo. (Cardinale Carlo Maria Martini)Il nuovo rinascimento conduce alla riscoperta della pittura, della musica, della scultura, della filosofia, perché l’uomo ha bisogno di una differente armonia che lo riporti in sintonia con il creato e ne sostenga la sua conquista; nella pace e nella solidarietà con tutti i suoi simili. Si affermerà con forza uno zoccolo duro di una cultura sociale capace di produrre per il bene dell’umanità e non per il suo sfruttamento. Potrà essere vero? Si…! E lo sarà di certo… perché…..: “Fatti non foste a viver come bruti ma per seguire virtude e canoscenza”.

IL CITTADINO E LA BUROCRAZIA

come delegittimare lo stato e emarginare i cittadini

Antonio Nava

Da qualunque parte volgi lo sguardo, ciò che vedi, ciò che vivi, è una città indolente.
Una realtà dalla quale emerge, in modo sempre più evidente, l’assenza di consapevole responsabilità dell’essere cittadini. E mi ricorda con dolore un documentario di Ermanno Olmi del 1983: Milano. Una cruda rappresentazione della spersonalizzazione di una città tutta tesa a correre dietro i soldi e al lavoro, in un cupo individualismo senza entusiasmo, carico di opprimente preoccupazione. Un grigiore sociale dimentico della cultura e della dimensione umana che Milano, peraltro, ha sempre coltivato e sostenuto. Una società ripiegata su se stessa senza prospettive, dove il più furbo prevaleva sull’onesto. E gli anni successivi ne misero in evidenza la dimensione e l’illegalità. Una società spersonalizzata.

Venticinque anni dopo, il ripetersi dei casi di violenza, di stupro, l’emergenza rifiuti, le uccisioni dell’andrangheta, l’impunità dei colpevoli, dei violenti, stanno generando nella pubblica opinione, con sempre maggiore convinzione, la responsabile e ingiustificabile assenza dello stato dai fatti preoccupanti della società. Si manifesta con sempre più chiarezza la lontananza tra le istituzioni e la società. Va così sempre più consumandosi il sentimento del sentirsi cittadini di una comunità che ha un’anima. Essere cioè parte viva di un’umanità.
E se da un lato viene meno nella maggioranza dei cittadini la fiducia nello stato, dall’altra parte emerge sempre più una incolta minoranza che non ha rispetto per la cosa pubblica e obbedienza alle regole sociali; la cultura della libertà è pervasa da una libido che si materializza in sinonimo di poter far ciò che si vuole, arrivando a dar fuoco a delle persone emarginate per un “gusto” aberrante di “distrazione”. Non si tende più alla cultura del civile pluralismo nel rispetto della convivenza con l’altro, ma alla sconsiderata affermazione dell’Io incosciente.
Maturano in questa società tutti gli elementi negativi che conducono alla povertà del pensiero, alla umiliante legge del più forte che la civiltà evoluta ha ormai abbandonato da secoli; ma che questa maggioranza dei cittadini non riesce ad arginare e isolare e che il potere politico esecutivo sembra incapace di arrestare. Affiora il pensiero egocentrico e si afferma il dispotico, forte della sua possanza: fisica, economica, sociale, politica. Soggioga gli altri privandoli e (incoscientemente) privandosi della sua stessa vera libertà naturale.
Egli non sa ciò che perde, perché non è culturalmente in grado di vederlo e comprenderlo. Ma neppure la società, che non ha la forza d’innestare l’antidoto a questo fenomeno, che è la consapevole responsabilità civile dell’impegno personale. E dobbiamo essere coscienti che, il male che da questa confusione etico - sociale si diffonde, ha un prezzo salato che paghiamo e pagheremo tutti. Anzi, i più deboli, gli indifesi, che spesso non hanno voce, lo pagheranno più di tutti. Questo male si chiama distruzione dello stato. In questo contesto meditano sentimenti di inettitudine, frustrazione, ingiustizia, solitudine, che il cittadino vive non sentendosi parte dello stato, da esso non tutelato, e lo sente lontano e sordo. A questo disagio partecipativo si aggiunge lo scoglio, divenuto ormai insormontabile, di una burocrazia che è incapace di dare risposte: chiare, semplici, rapide e efficaci. Anzi, diventa fonte di complicazioni, luogo di arroganza e di incivili abusi. E in questo caso, una volta tanto, non centra la politica che predispone le leggi e le risorse, ma è l’apparato statale delle funzioni, cioè i funzionari che devono applicare le norme per rendere i servizi al cittadino, e lo devono fare nella maniera più semplice e trasparente possibile. In questo devono assumersi le loro responsabilità di funzione. E’ questo che manca. La responsabilità del funzionario che per non assumersi questo ruolo, che è il suo lavoro, complica la procedura con carta, bolli e certificati, autorizzazioni, dove basterebbe una semplice autocertificazione.

Lo Stato anziché “liberare il cittadino”, da queste pastoie, lo opprime ulteriormente al punto che, il cittadino onesto, distrutto dai continui rimbalzi di responsabilità tra una funzione e l’altra dello stato, del comune, o di qualsiasi altro ente pubblico, non trovando ascolto, anche nella politica, abbandona!… Neppure più fa denuncia dei torti subiti, dei fatti di reato, perché annichilito è sfiduciato dalla inefficienza e dalla non più credibilità delle funzioni della pubblica amministrazione. E chi, come me, è stato sindaco, responsabile della tutela dei suoi cittadini, prova orrore, anche di se stesso, quando non riesce ad incidere su queste aberrazioni. Localmente “alzi la voce”, e per il fatto che sei sindaco, ottieni un risultato. Ma è una goccia nel mare. Arrivi al punto che tu stesso, parte viva delle Istituzioni, non ottenendo risposte dagli istituti, dai ministeri, e vedendo due diversi comportamenti tra i diritti dello stato e i diritti dei cittadini, ti senti impotente ed esautorato.

domenica 1 marzo 2009

Obama o … non-Obama ??

Romeo Lucioni

La dimensione della crisi che ha colpito il “sistema globale” (che è anche il frutto di una crisi culturale prima che politica e sociale) sta portando a porci delle domande che sono fondamentali per tracciare le linee-guida del nostro futuro ed anche, si spera, per comprendere quali siano le basi strutturali di un vivere civile, capace d veramente di “imporre” a tutti la libertà, la giustizia, la sussidiarietà, le pari opportunità, il diritto ad essere se stessi nella famiglia, nella società e nel mondo.
La tesi che stiamo dibattendo è quella per la quale il nucleo centrale del problema è il riconoscimento di un dominio universale di una burocrazia onnipotente, autoritaria e antisociale proprio perché incapace di prendere in considerazione i diritti e la centralità assoluta dei cittadini che dovrebbero essere coloro che detengono … il potere.
Questa “nuova coscienza” deve essere imposta alla burocrazia proprio perché la sua “onnipotenza usurpata” le impedisce di tornare indietro, di autoregolarsi sulla base di una visione critica della realtà e delle cause profonde della crisi e del fallimento di un sistema.
È interessante scoprire nella storia come siano stata affrontate le situazioni critiche.
Per non andare per le lunghe, consideriamo dolo il “sistema burocratico-centralista della URRSS. Di fronte alla crisi globale (nel suo interno) il “sistema burocratico russo” non ha saputo affrontare per tempo i problemi e …è andato inesorabilmente verso il baratro: la morte del sistema.
La caduta del muro di Berlino ha indotto nell’occidente capitalistico, sentimenti di onnipotenza (usurpati al sistema comunista-collettivista) che hanno portato a radicalizzare i principi di una presunta superiorità, capace di formalizzare l’assurda presunzione di una … crescita inesorabile ed infinita.
L’assurdità, l’incoerenza e la demenziale idea di superiorità razionalistico- imperialista hanno portato al disastro … alla crisi globale e profonda (… saremo capaci di superarla?) che oggi soffoca tutti in tutte le latitudini.
Di fronte a tutto questo, abbiamo due proposte:
a) l’America di Obama che dice: la crisi è il segno di una concezione sbagliata della logica politico-economica e, quindi, bisogna cambiare tutto;
b) l’Europa che, trincerata su posizioni che chiamiamo “razionalistiche”, sostiene che l’organizzazione è perfetta e che è questa che ha in sé la capacità dialettica (… soltanto con le parole) di trovare la via per ritrovare la crescita senza cambiare.

Se vogliamo fare un esempio semplice e concreto:
a) Obama dice: è assurdo continuare a produrre automobili lunghe sei metri, che consumano a “cavilla libre” (rubinetto aperto); cominciamo a ridurre le spese. Facciamo automobili a misura di necessità, ecologiche, che consumano poco e, nello stesso tempo, diamo un sognale forte: dimezziamo (o quasi, non importa) gli emolumenti dei burocrati (pubblici e privati) ai quali cominceremo ad applicare la legge della “responsabilità” etica, professionale e sociale;
b) l’Europa dice: Obama sbaglia perché gli americani non possono cambiare, sono abituati alle loro “enormi automobili da crocera”, si sentono onnipotenti e sicuri che il loro sistema è infallibile …. Non bisogna cambiare nulla, meno ancora dimezzare gli stipendi (e le pensioni) ai burocrati che sono … la mente indiscussa dell’economia … i gurù del progresso, che sapranno trovare le leve giuste per la ripresa.

Ecco dunque il senso della questione:
Obama o non Obama ???
Oggi è il primo giorno che il “Giornale” esce con un aumento del 20% del prezzo. Come mai??
È evidente che anche il Giornale si adegua alla legge ferrea del mercato!!!
- non posso continuare a pagare la struttura che ho però … non voglio cambiarla: è perfetta!!!
- Non ricevo più i compensi necessari dal “sistema della pubblicità” perché le imprese sono in difficoltà, non importa … basta aumentare il prezzo del quotidiano del 20% anche se il Governo liberale che sosteniamo dice che i prezzi sono globalmente diminuiti e la crisi può essere “sopportata” dai cittadini.
Il ragionamento è semplice, ma …sicuramente poco coerente:
- i famosi cittadini italiani (glorificati da Berlusconi perché capaci di “risparmiare”), non sono sicuramente disposti a impegnare i loro risparmi (che sono, ricordiamolo bene, frutto di enormi sacrifici) per foraggiare i burocrati-cervelloni del “Giornale”;
- la maggioranza dei lettori non sono sicuramente dei miliardari e quindi fanno fatica a … pagare il quotidiano un 20% in più;
- diminuiranno le vendite e .. quale sarà la soluzione dal momento che torneremo al punto di partenza??
A nostro modo di vedere non c’è nessun’altra strategia che quella di Obama e quindi … Obama-sì !!!
Smettiamo con la politica idiotamente onnipotente e cominciamo a dare un segnale forte !! alla maniera di Obama !!
- dimezziamo i salari miliardari dei cosiddetti dirigenti;
- riduciamo drasticamente le spese istituzionali (… guarda, guarda … che strano!! Anche il Presidente della Repubblica Italiana ha scelto questa via!!) e delle imprese statali (vedi l’assurdo che la RAI paga compensi stratosferici … di mercato (dicono), mentre la gente è stremata e presto non potrà più neppure pagare il canone, perdendo anche quel minimo di divertimento offerto da una TV-spazzatura!!;
- non abbiamo altra alternativa:
Sì ad Obama … NO alla burocrazia !!!

Ma i Sindacati da che parte stanno??
Anche loro sono chiamati a dare delle risposte –forte e chiaro- non possono trincerarsi dietro l’idea che … il sistema è capace di risolvere i problemi di tutti. Sarebbe una pura e folle presunzione che (come purtroppo la storia insegna) porta solo al disastro: al fallimento totale !!!

sabato 28 febbraio 2009

Europa della … strategia burocratica.

Romeo Lucioni – Antonio Nava

Prima è stata “L’unione del carbone e dell’acciaio”, poi venne “Euratom”, infine e finalmente “Unione Europea”, la CEE, la moneta unica, il Trattato di Maastricht, la “Costituzione Europea” (ancora in via di approvazione).
Sembra un bollettino strategico per arrivare ad una “Super-Potenza” federale e formata dai popoli liberi che scelgono il loro destino comune.
La realtà deve però essere proprio un’altra se nel momento cruciale della stesura e della ratifica di una “Costituzione per tutti”, che mira a dare compimento al “progetto”, cominciano i “distinguo” e i voti contrari.
Ci fanno vedere che l’aver attivato “l’Europa Economica” ha salvato tutti i paesi membri dalla bancarotta , dalla crisi economica e sociale, ma … si sta verificando proprio il contrario.
- La moneta unica ha portato indubbi vantaggi, ma, come era stato previsto (vedi le previsioni del Dott. Zunino), a costo di enormi sacrifici per le popolazioni (e soprattutto per l’Italia soffocata da un debito enorme, più alto dello stesso PIL e quasi impossibile da ridurre);
- il libero scambio è sicuramente un grandissimo vantaggio, ma non si è tenuto conto della concorrenza a ondate successive dei Paesi Orientali che, con le loro politiche economico-strategiche, hanno messo in crisi tutto il sistema commerciale e produttivo, senza per questo ricorrere ai dazi per tutelare una economia che è in sofferenza di competitività;
- il libero scambio e la competitività si tutelano con l’innovazione tecnologica, frutto della ricerca, capace di condurre all’impiego industriale attraverso una elevata capacità di ingegnerizzazione.
- il libero scambio di mano d’opera si è dimostrato un miraggio e ultimamente fortemente contrastato anche perché l’Europa intera è sconvolta dall’invasione che viene dai paesi extracomunitari;
- anche lo scambio tra i cittadini dei diversi Paesi CEE si stanno dimostrando un vero “problema” per le profonde differenze culturali, delle tradizioni, oltre che per le modalità relazionali fra i gruppi di immigrazione ed i cittadine locali;
- le responsabilità del “capitale” industriale che, nella stessa Europa, retribuisce con salari fortemente diversi, lavoratori che svolgono le stesse mansioni, facendo distinzione di etnia. E senza che questo riduca il costo dei beni prodotti;
- una concentrazione di ricchezza nelle mani di pochi e diffusione di stati di disagio nel sociale che ricadono sui costi di tutti;
- le sperequazioni economiche, le diversità strutturali dei sistemi economico-sociali non sono state per nulla appianate e si stanno profilando come un problema insolubile, perché nessuno ha intenzione di cedere qualcosa dei propri privilegi;
- le scelte ideologicamente imposte per la costruzione di un modello di politica globale, per la quale i cittadini sono obbligati a dare perché lo Stato-burocratico si fregi di una etichetta gloriosamente altruistica e spinta verso gli aiuti ai cosiddetti paesi poveri (nella URSS i cittadini dovevano vivere male per permettere allo Stato di aiutare per es Cuba), anche quando queste risorse vanno a foraggiare personaggi poco scrupolosi se non addirittura immorali.

Forse tutti questi erano problemi previsti e, quindi, sulla carta hanno ricevuto l’attenzione e lo studio adeguato, ma … bisogna vedere quali siano stati i principi, le linee guida che sono state adottate insieme alla traccia dello specifico sistema politico instaurato.
L’idea prevalente per superare le questioni sembra sia stata quella più logica di una forte e spesso feroce burocratizzazione.
I burocrati-funzionari dell’Europa-Unita, sono tutti certi delle scelte programmate e verificate teoricamente a tavolino: basta immettere regole su regole, sempre più dettagliate e minacciose ed il gioco è fatto.
Naturalmente questo sistema poteva portare malcontento (come si è puntualmente verificato), ma il problema è stato subito superato assegnando ai burocrati ed alla burocrazia uno strapotere di fatto: nessuno dei Paesi membri può andare contro le regole imposte dal “Consiglio.”….., neppure lo stesso “Parlamento”, ridotto a semplice organo di ratifica.
Che il “sistema” non potesse funzionare era chiaro a tutti, meno ai burocrati che hanno imposto delle regole che mantengono divisa l’intera Europa.
Il malcontento ha portato a non poter ratificare il progetto di Costituzione, a non riuscire ad esprimere una politica estera unanime, ad essere ben lungi da aver ottenuto un comune “politica della difesa” (in realtà tutto è stato assegnato alla “forza protettrice dell’America”, alleato pericoloso ma prodigo; impositivo ma di larghe vedute per quel senso di sicurezza congenita che deriva da un senso di superiorità etico-morale).

Che il sistema non potesse funzionare era anche implicito nelle pastoie che bloccano totalmente le potenzialità della ONU che è ormai diventata un enorme e costosissimo carrozzone (del resto come la FAO) auto-referenziale ed incapace di imporre delle precise linee guida di elevato contenuto etico e morale, tanto che, dopo più di 50 anni, (ci sono ancora Paesi membri che non hanno rinunciato alla pena di morte ed alla tortura) non si sono potute risolvere le controversi territoriali anche assurde e senza una giustificazione logica (vedi per esempio il problema delle isole Malvinas e di Gibilterra).

venerdì 20 febbraio 2009

La certezza del diritto

Per anni sono andate in giro per il Paese battute di vario gusto a proposito dell’esistenza in vita in Italia di leggi vecchissime, risalenti ancora al periodo del Regno. Quindi già la creazione di un dicastero per la semplificazione era stata vista come un atto dovuto, necessario per mettere ordine in un corpus juris ormai diventato assolutamente farraginoso e – per sua stessa natura – non direttamente fruibile da parte dei cittadini: troppo complicato riuscire a star dietro ai numerosissimi atti di modifica o di abrogazione parziale, di modificazione, etc relativi a queste leggi.
Di fronte al famoso adagio “ignorantia legis non excusat” era ovvio domandarsi come fare fronte ad una situazione insostenibile come la nostra: con tutta la buona volontà il cittadino comune, che non è necessariamente laureato in giurisprudenza, di fronte a qualsiasi atto ormai si trovava nell’impossibilità di essere certo a proposito delle norme applicabili. Situazione, questa, divenuta effettivamente intollerabile.
Perciò l’intero MCPE plaude alla conversione in legge del decreto proposto dal Ministro Calderoli, che finalmente cancella per sempre circa 29 mila leggi emanate tra il 1861 e il 1947.
Ma quello che a noi piace ancora di più è la creazione di “Normattiva”, una banca dati a disposizione di tutti, a titolo gratuito, che costituisce la memoria degli atti normativi effettivamente in vigore. Questo utilizzo dell’informatica è un esempio intelligente e sicuramente cost-effective, al di là del necessario investimento iniziale.
Giorni fa, durante una discussione a proposito dell’applicazione delle leggi in Italia, uno dei miei interlocutori sottolineava che il nostro problema sta nel fatto che l’applicazione del diritto posi sulla sua interpretazione, e quest’ultima sia causa di un’incertezza non eliminabile.
Personalmente riteniamo che l’interpretazione debba continuare ad essere annoverata tra gli strumenti che concorrono alla corretta applicazione delle leggi, ma che nello Stato la certezza del diritto deve necessariamente partire dal sapere – tutti noi – quali sono le leggi effettivamente vigenti.
Il prossimo passo, per la costruzione di uno stato di concezione moderna e più vicino ai propri cittadini e residenti, sarà quello di sradicare un privilegio di casta, per cui i magistrati che, in applicazione della legge, abbiano avallato provvedimenti palesemente sbagliati (vedi ad esempio quello che ha rimesso in circolazione uno dei due stupratori rumeni della Caffarella, che era stato inizialmente espulso dal nostro Paese) paghino per i loro errori.

Alessandro Bertirotti
Presidente Movimento Civico per il Progresso Europeo
19 febbraio 2009

domenica 15 febbraio 2009

Democrazia imbastardita dalla burocratizzazione

Gli ex-comunisti, gli ex-democristiani, gli ex-socialisti non credono più nei partiti che sono stati distrutti dall’impossibilità di controllare le loro correnti interne e, proprio per questo, hanno creduto di trovare la soluzione nel creare dei movimenti politici.
È sintomatico ascoltare i guru della nuova politica che si dichiarano nemici della partitismo (causa di tutti i mali) e fanatici di un movimento”, senza saper neppure di che si tratta e, quindi, di presentarlo come … panacea per tutti i mali.
Bisogna ricordare:
il movimento è stato creato da quel genio politico s8sembra di origine sarda) che è stato il General Juan Domingo Peròn (dittatore dell’Argentina).
Il movimento si crea con la partecipazione di tutti i cittadini, senza distinzione di credo politico, che però confluiscono fedelmente al seguito del Capo carismatico nel quale si annullano tutte le differenze.
Il movimento è una espressione chiara della idea fascista che si supporta nella burocratizzazione dello Stato in quanto il Rettore basa la sua forza di controllo nella struttura burocratica dei suoi dipendenti.
Questi burocrati sono deputati a far vedere lucciole per lanterne e a far credere che le regole sono il fondamento della libertà, che il cittadino può trovare la felicità solo nell’assoggettamento alle regole di una partecipazione che è accettazione supina al volere illuminato del Capo.
Burocrati che hanno scoperto (con l’insegnamento di 50 anni di comunismo reale sovietico) che può scoppiare il sistema, ma la burocrazia reggerà sempre più forte.
Questo potere si fonda sull’appropriarsi delle fonti economiche attraverso l’asssegnazione di stipendi favolosi che sono una immoralità di fronte all’impoverimento di tutta l’organizzazione civile, dei cittadini, dei sottomessi.
Risulta facile constatare come i migliori soggetti che cento anni fa cercavano fortuna nel privato, si trovano oggi a coprire cariche istituzionali che sono inamovibili (vedi i rettori universitari) ed inoltra ricevono stipendi da favola senza correre ami nessun rischio e senza dover dimostrare di essere veramente efficienti.

POSSIBILITA' DI CRESCITA

Quando ho cominciato a parlare di “Nuovo Rinascimento” devo dire che non sono stato preso sul serio proprio perché la voce comune che sorgeva era disastrosamente pessimista. Nelle discussioni in vari gruppi culturali a cui partecipavo, si arrivava sempre a sottolineare la bruttezza della situazione di una società in crisi, che non riesce a dare null’altro che violenza, stupro, imbroglio, immoralità e … perdita totale dei valori fondamentali.
È indubbio che il cammino per un Nuovo Rinascimento è difficile; gli ostacoli sono reali ed ora ancor più gravi a causa della crisi economica mondiale che ha messo in ginocchio quella organizzazione socio-economica che, nel momento della caduta del muro di Berlino, sembrava gloriosamente vittoriosa.
Obama, nuovo Presidente USA, nel suo primo discorso alla Nazione, ha invitato tutti ad apportare un granello di sabbia per salvare l’America, ma la richiesta non è stata accompagnata da una necessaria spiegazione del perché tutti devono sentirsi coinvolti in un sacrificio per salvare dalla colpa che hanno commesso altri.
Il tema è proprio questo: la necessità di porsi una domanda.
La democrazia liberale (così come il comunismo sovietico) ha fallito dimostrando che era solo un miraggio, una favola, un imbroglio la sua spavalda dichiarazione di … miglior strategia per governare il mondo.
Sono bastati pochi anni di governo liberale, pochissimi anni di economia globale per mandare tutto a in miseria e ora … è troppo facile chiedere l’aiuto di tutti per salvare il salvabile, per salvare ciò che è rimasto e che mai più potrà tornare come prima (esattamente come succede in Russia dopo la caduta del muro)
Si potrebbe dire … si stava meglio quando si stava peggio, ma allora dov’è questa possibilità di un Nuovo Rinascimento ??